I MISTERI DI LEONARDO - Capitolo 1 2 3

di Diego Cuoghi



Attorno alla metà del 2006, diversi quotidiani, riviste e pagine web hanno parlato di una scoperta definita “sensazionale”: una studiosa italiana, Vittoria Haziel, avrebbe rintracciato un manoscritto semi-sconosciuto di Leonardo da Vinci in cui, tra altri appunti relativi ai personaggi ritratti nell’Ultima Cena, comparirebbe un nome femminile: Giovannina. Secondo la scrittrice si tratterebbe della prova, fino ad ora cercata invano, che Leonardo, nella figura del giovane apostolo Giovanni, avrebbe inteso rappresentare una donna di fianco a Cristo al tavolo dell’Ultima Cena.

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Leonardo - Cenacolo - Pietro, Giuda, Giovanni

Vittoria Haziel (pseudonimo di Maria Consolata Corti) non è nuova a notizie clamorose: nel 1990, in una intervista pubblicata su Visto, dichiarava di conoscere l’identità del mostro di Firenze, e nel 1993 sosteneva che l’autore della Sindone di Torino sarebbe stato Leonardo da Vinci, tesi sviluppata poi nel volume La passione secondo Leonardo,[1] del 1998. Ricordavo di aver letto quel libro poco dopo La rivelazione dei Templari di Lynn Picknett e Clive Prince, perché pubblicato e pubblicizzato dalla stessa casa editrice, ma non rammentavo accenni a “Giovannina”. Ho allora recuperato la seconda edizione riveduta e ampliata “con le nuove rivelazioni: la tecnica, la firma”, pubblicata alla fine del 2005 e ristampata nel febbraio 2006, ma anche qui nessun capitolo, nessun accenno né la minima nota su “Giovannina”.

Per conoscere i dettagli dell’ipotesi siamo costretti così ad affidarci a ritagli di giornale e siti web pubblicati alla metà del 2006 perché nessuna comunicazione ufficiale è stata affidata a pubblicazioni di storia dell’arte o commentata dagli studiosi più autorevoli. Ma, come vedremo, forse non c’è da stupirsi di questa generale indifferenza dimostrata dal mondo accademico di fronte alle “rivelazioni” della giornalista, trattate invece in rotocalchi per il grande pubblico o in pagine web personali. Cercherò di fornire un sunto di quei testi partendo da quello pubblicato il 1° giugno dal Corriere della Sera, intitolato Ma quel Giovanni è davvero una donna [2].

La prova di questa affermazione degna del Codice da Vinci sarebbe contenuta, a quanto scrive Stefano Bucci sul Corriere, “tra le righe di taccuino oggi perduto nei meandri del Victoria and Albert Museum di Londra” rintracciato da Vittoria Haziel. In quelle “parole all’apparenza confuse” si leggerebbe infatti la descrizione di una donna: “Giovannina dal viso fantastico che sta a Santa Caterina”. La frase in sé non pare avere molti legami con l’Ultima Cena, ma si troverebbe subito dopo quella in cui Leonardo scrive che il volto di Cristo è quello del Cardinal del Mortaro. L’articolo del Corriere però non fornisce altri elementi e prosegue trattando dell’ipotesi legata alla Sindone-opera-di-Leonardo.

In un altro quotidiano troviamo un articolo più dettagliato e approfondito: si tratta di Il Tirreno del 31 maggio.[3] Qui leggiamo che il documento che prova la caratterizzazione femminile del personaggio di Giovanni “sarà mostrato oggi alle 18 per la prima volta alla Libreria Feltrinelli di Corso Italia” a Pisa. Vittoria Haziel si proclama “colei che ha anticipato Dan Brown nell’indicare la donna nel Cenacolo fin dal 1993, quando ho trovato il documento autografo di Leonardo in cui dice che l’apostolo è una donna” e aggiunge che “questa è storia, è un punto fermo”. Alla domanda “Come l’ha avuto questo documento?”, la scrittrice risponde: “L’ho fotografato alla Biblioteca Leonardiana di Vinci, che è uno dei pochi centri di studio che ha tutto su Leonardo”.

Allora dove è conservato quel manoscritto? In un museo di Londra o nella biblioteca di Vinci? Quella biblioteca è un centro di documentazione qualificato sull’opera leonardiana ed è sicuramente ben fornita di materiale sull’artista, però - a quanto è dato sapere - non possiede alcun manoscritto autografo inedito. Ma possiamo essere male informati e le scoperte più inattese possono venire anche da luoghi già ampiamente battuti dagli studiosi.

In un articolo di Rosita Bimbi pubblicato da L’Opinione,[4] leggiamo che nel 1993, ben prima di Dan Brown, Vittoria Haziel rivelò attraverso le colonne di un settimanale “l’esistenza di un documento in cui Leonardo faceva riferimento al modello per la figura femminile seduta vicino a Cristo durante l’ultima cena” e questa modella si sarebbe chiamata Giovannina, un nome che, secondo Vittoria Haziel, “ben si presta al gioco di dissolvenza Giovanni/Giovannina, così come la femmina è praticamente ‘nascosta’ dentro a quello che da sempre è ritenuto il posto del discepolo maschio”. Anche qui si dice che in occasione della presentazione del libro, presso la Libreria Feltrinelli di Pisa e con con l’intervento della prof. Maria Turchetto, docente di Storia del pensiero economico all’Università di Venezia e direttrice della rivista L’ateo, (…) “l’autrice mostrerà una copia del documento inedito di Leonardo in cui fa riferimento ad una modella femminile per il Cenacolo”. Si insiste dunque sul reperimento di un documento inedito.

Nel mese di giugno 2006 Vittoria Haziel presenta in diverse sedi questa sua “scoperta” e viene intervistata da alcune riviste, tra le quali Vanity Fair. Alle domande di Laura Fiengo su come avrebbe “smascherato l’identità di Giovanni” la scrittrice risponde che la prova della femminilità sarebbe data dal fatto che “Leonardo per l’Ultima Cena si ispirò a personaggi reali e prese nota dell’identità di ognuno”, con una metodicità più che maniacale, quasi che Leonardo fosse, come afferma la Haziel, “una specie di Nanni Moretti della pittura”. L’appunto con il nome Giovannina comparirebbe proprio “dopo una lista di nomi maschili”, particolare che in 500 anni non sarebbe stato notato dagli altri studiosi di Leonardo in quanto, continua la Haziel, “non è facile decifrare i suoi codici, perché scriveva da destra a sinistra, e con grafia minuta. Anche dopo la mia scoperta, nessuno ci fece caso”.

Il periodico online Artemista[5] il 6 giugno annuncia una conferenza di Vittoria Haziel a Racconigi, aggiungendo che la scrittrice si trova “in mezzo a una bufera mediatica per le rivelazioni legate a Leonardo che lo indicano come autore della Sindone di Torino e che dichiarano, senza ombra di dubbio, che il modello per la figura accanto a Gesù nel celebre Cenacolo milanese è una donna”. Vittoria Haziel sostiene che la bufera sarebbe scoppiata “perchè ho mostrato il documento autografo di Leonardo che cita una donna tra gli apostoli del suo Cenacolo. Il modello, scritto dopo quello del Cristo Giovan Conte, quello del Cardinal del Mortaro, è Giovannina, viso fantastico, sta a Santa Caterina allo spedale”. L’articolo termina dicendo che l’autrice dello scoop “è pronta a rivelarci nuovi indizi e, naturalmente, a mostrarci il documento incriminato”.

Cerchiamo dunque di capire di che documento si tratta e soprattutto se davvero è un inedito, come affermato ripetutamente in questi articoli e interviste.

La frase “Giovannina viso fantastico, sta a Santa Caterina allo spedale” (o “accanto a Caterina allo spedale”, secondo l'interpretazione data da Dimitri Mereskovskij nella sua romanzata biografia di Leonardo) esiste davvero, si trova in una pagina del Codice Forster,[6] uno dei più famosi manoscritti di Leonardo che è conservato al Victoria And Albert Museum di Londra, ma non certamente “perduto nei meandri” di questo museo come sostenuto nell’articolo del Corriere. Anzi, una dettagliata riproduzione pagina per pagina è consultabile nel sito web ufficiale,[7] e una preziosa edizione in facsimile nelle dimensioni originali (le piccole pagine misurano circa 7 x 10 cm) è stata pubblicata in Italia dalla casa editrice Giunti nel 1992.[8]

La trascrizione è di Augusto Marinoni

Così come il manoscritto in cui è inserita, anche quella frase su “Giovannina viso fantastico” è tanto nota da essere stata citata da moltissimi studiosi, da J.P. Richter alla fine del XIX secolo, a Benedetto Croce nel 1909 in Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale,[9] agli storici dell’arte Carlo Pedretti,[10] Michael W. Kwakkelstein,[11] Jack Wasserman[12] e moltissimi altri. La frase però - e qui iniziano i dubbi sull’interpretazione data dalla Haziel - non si trova assolutamente “dopo una lista di nomi maschili” perché sia le pagine precedenti che le successive contengono scritti di carattere matematico e geometrico.

Solo a pagina 6 si trova un’altra breve nota messa in relazione col Cenacolo, “Alessandro Carissimo da Parma, per la man del Cristo”,[13] e bisogna arrivare fino alla 62 per trovare una serie di appunti che descrivono le pose di personaggi che si pensa possano essere gli apostoli: “uno che beveva e lasciò la zaina nel suo sito e volse la testa inverso il proponitore. Un altro tesse le dita delle sue mani insieme e colle rigide ciglia si si volta al compagnio, l’altro colle mani aperte mostra le palme di quelle e alza le spalle inverso gli orechi e fa la bocca della maraviglia…”.[14]

 L’insistere su una “lista di nomi maschili” fa pensare che probabilmente la scrittrice abbia tratto l’errata deduzione consultando The Literary Works of Leonardo da Vinci, due volumi curati da Jean Paul Richter tra il 1885 e il 1888 più noti come The Notebooks of Leonardo.[15]  Questa raccolta contiene gli appunti trovati su codici, taccuini, fogli, e altro materiale sparso nei musei e nelle biblioteche di tutto il mondo in cui si alternano frasi prese dai manoscritti con quelle tratte dai disegni o da altri testi autografi. La famosa “lista” altro non è che il testo che compare in un disegno preparatorio per l’Ultima Cena conservato ai Musei dell’Accademia di Venezia,  e i nomi maschili (Filippo, Simone, Matteo, Tommaso, Giacomo il maggiore, Pietro, Filippo, Andrea, Bartolomeo) sono posizionati sopra le teste degli apostoli.

Questa lista però non ha niente a che fare con il Codice Forster ma è catalogata da Richter col numero immediatamente successivo a quello dell’appunto su Cristo (n. 667 e 668). La scrittrice probabilmente ha ipotizzato che si trattasse di due pagine dello stesso taccuino, che, come scrive il curatore nella prefazione, Leonardo compilò scrivendo dall’ultima alla prima pagina, così come scriveva da destra a sinistra.

Le due note che si trovano sulla stessa pagina, “Crissto, giovan conte, quello del cardinal del Mortaro” e “Giovannina viso fantasticho” appaiono poi redatte con grafie abbastanza differenti, più larga e tonda la prima e più minuta e tracciata con un segno più sottile la seconda, come se fossero state scritte in momenti diversi. Il curatore della raccolta, Jean Paul Richter, dice di aver numerato gli appunti in ordine cronologico[16] ed è probabile che lo abbia fatto anche in base alla calligrafia, diversa da un periodo all’altro della vita dell’artista. La nota su Cristo è catalogata al n. 667 nel Vol. I, quella su Giovannina, che pure si trova nella stessa pagina, ha il numero 1404 nella raccolta Miscellanea che fa parte del Vol. II.

Il termine “fantastico” usato da Leonardo per definire il viso di questa sconosciuta Giovannina non aveva all’epoca lo stesso significato che ha assunto nel linguaggio comune di oggi. Per noi “fantastico” può essere l’equivalente di “bellissimo” ma in quell’epoca lo si usava soprattutto nella sua accezione più letterale, ovvero bizzarro, grottesco, fuori dall’ordinario. Giorgio Vasari nelle Vite de’ più eccellenti pittori scultori e architetti parla di artisti “che sono per natura di cervello capriccioso e fantastico sempre nuove cose ghiribizzano e cercano investigare, e coi pensieri strani e diversi dagli altri fanno l’opere loro piene e abondanti di  novità”.[17] Tra gli artisti dal temperamento “fantastico” troviamo Pinturicchio, Piero di Cosimo, Ercole de’ Roberti, il Pontormo, Luca della Robbia, Beccafumi, Sodoma, e altri.[18]

Fu Vasari uno dei primi a raccontare come Leonardo andasse in giro a cercare visi particolari: “Piacevagli tanto quando egli vedeva certe teste bizzarre, o con barbe o con capegli degli uomini naturali, che arebbe seguitato uno che gli fussi piaciuto un giorno intero: e se lo metteva talmente nella idea, che poi arrivato a casa lo disegnava come se l’avesse avuto presente. Di questa sorte se ne vede molte teste e di femine e di maschi, e n’ho io disegnato parec[c]hie di sua mano con la penna nel nostro libro de’ disegni tante volte citato”.[19]

In anni recenti molti altri autori hanno citato la frase su Giovannina richiamandosi al racconto di Vasari, Jonathan Jones ad esempio scrive che “Leonardo era solito cercare gente dall’aspetto bizzarro in giro per Firenze, per poi schizzarla. Nei suoi taccuini, Leonardo annota di aver incontrato una persona dal viso prodigioso, in circostanze che fanno pensare ad una vera e propria ricerca: “Giovannina, viso fantastico…”.[20] Eric McLaglan cita la stessa frase in un articolo che tratta degli studi di Freud su Leonardo, e scrive che “Leonardo venne colpito dal particolare viso di una certa Giovannina all’Ospedale di Santa Caterina”.[21] Il termine usato da McLaglan è “queer face”, ovvero viso strano, curioso. Jack Wasserman, in un articolo a proposito dell’edizione Clark/Pedretti del catalogo delle opere di Leonardo, si chiede poi: “La Giovannina dal viso fantastico che Leonardo vide in un ospedale è da considerarsi caricatura o grottesca?”.[22] Wasserman torna sull’argomento in una recensione dello studio di Martin Kemp Leonardo da Vinci, the marvelous works of nature and man, e cita di nuovo la “Giovannina dal viso fantastico” tra gli esempi di caricatura e grottesco, suggerendo che questo interesse avrebbe potuto avere una base più scientifica legata alla fisiognomica.[23] Lo stesso significato viene attribuito a quella frase da Michael Kwakkelstein quando afferma che Leonardo riferendosi a visi fisiognomicamente interessanti usa parole come ‘fantastico’ o ‘monstruosi’[24], e porta come esempio proprio la nota leonardesca, che ricopia più correttamente di altri autori come “Giovannina viso fantasticho”.[25]

Tornando all’epoca di Leonardo, possiamo trovare la stessa parola in una lettera inviata dal marchese Francesco Gonzaga alla corte di Milano nel 1480. Il nobile mantovano, parlando di Andrea Mantegna che all’epoca era al suo servizio quasi esclusivo, scrive che “Communemente questi magistri excelenti hanno del fantasticho e da loro conviene tuore quello che se po’ havere”.[26] Come a dire che gli artisti sono stravaganti e da loro non ci si può aspettare un lavoro regolare.

Giovannina potrebbe dunque essere uno dei tanti visi dai lineamenti bizzarri che Leonardo disegnò e che possono essere ricondotti al significato dato a questa parola anche da Jurgis Baltrusaitis in Il medioevo fantastico,[27] che per l’appunto tratta di mostri, chimere, esseri deformi e prodigiosi. Ma se tutti questi riferimenti non bastassero, ecco che proprio Vittoria Haziel, in una pagina di La passione secondo Leonardo in cui cita Carlo Amoretti che ricordava come Leonardo fosse solito “copiare dal vero le stravaganti fisionomie che incontrava e ne faceva le famose caricature”[28], aggiunge che “Leonardo mostra di vivere tra la realtà e il sogno. Si diverte a fondere l’irreale con il reale, il fantastico con il vero”.[29]

Lo scoop giornalistico sul Giovanni-che-in-realtà-sarebbe-una-Giovannina dunque non regge, non essendoci il minimo indizio che quella frase si possa riferire alla modella che sarebbe stata ritratta, secondo Vittoria Haziel, nel personaggio dal capo reclinato che si trova alla destra di Gesù nell’Ultima Cena. La posa dell’apostolo Giovanni dipinto da Leonardo è infatti tratta, così come molti altri particolari dell’opera,[30] dal testo del vangelo di Giovanni, che all’epoca di Leonardo era conosciuto sia versione latina della Vulgata di San Gerolamo che nella prima traduzione italiana di Nicolò Malermi pubblicata a Venezia nel 1471. In quel brano Giovanni è descritto mentre si volta verso Pietro che gli fa un cenno e gli domanda chi sia il traditore di cui Gesù ha appena parlato: “Vi era quindi, adagiantesi nel grembo di Gesù, uno dei suoi discepoli che Gesù prediligeva, perciò Simon Pietro fece cenno a questo e gli dice: Chi è colui del quale parla?”.[31] Quasi tutti gli artisti dell'epoca hanno preferito raffigurare Giovanni adagiato sul petto di Gesù, Leonardo invece sceglie il momento in cui avviene il dialogo con Pietro, in questo modo al centro del Cenacolo Gesù viene lasciato solo, distante dagli apostoli che agitati commentano l'annuncio del tradimento. Ma oltre alla posa, anche l’aspetto “virginale” di Giovanni ha una origine molto precisa. Uno dei testi fondamentali per capire i soggetti dell’arte sacra dal XIII al XVI secolo è la Legenda Aurea di Jacopo da Varazze.[32] Si tratta di un voluminoso repertorio scritto intorno al 1280 che comprende episodi di vite di santi e scene tratte dai vangeli, sia canonici che apocrifi. Questi ultimi non erano considerati tutti eretici e proibiti come comunemente si crede. Molti apocrifi (ad esempio quelli dell’infanzia) erano testi abbastanza diffusi e ne circolavano diverse versioni in lingua volgare. Lo stesso Jacopo da Varazze, vescovo di Genova, utilizzò diversi apocrifi come fonti dei suoi scritti, dichiarandolo apertamente. Nel capitolo dedicato a Giovanni, nella Legenda Aurea leggiamo che “Dio lo volle vergine, e perciò il suo nome significa che in lui fu la grazia: in lui infatti ci fu la grazia della castità del suo stato virginale, ed è per questo che il Signore lo chiamò durante le nozze, mentre lui voleva sposarsi”. Ecco dunque che l’aspetto di Giovanni visto da tutti gli artisti rinascimentali come un “giovane vergine”, al contrario di altri apostoli raffigurati quasi sempre come uomini più maturi e spesso barbuti, si spiega senza ricorrere a fantomatiche Giovannine o Maddalene nascoste nell’opera di Leonardo.

Una raffigurazione di Giovanni con i capelli a boccoli molto simile a quella di Leonardo, ma che la anticipa di due secoli, è visibile nel calice di Guccio di Mannaia, datato attorno al 1290 e conservato ad Assisi nel Museo del Tesoro.


Ma non passa mese senza che ci arrivino altre notizie clamorose legate all’Ultima Cena, opera che - grazie al Codice da Vinci - è assurta improvvisamente alla dimensione di feticcio ancor più della stessa Gioconda. Oltre a quella su Giovannina, infatti, è stata più di recente avanzata l’ipotesi secondo cui Leonardo avrebbe conosciuto i “manoscritti del Mar Morto” e nella sala in cui si svolge l’Ultima Cena sarebbe riprodotto un ambiente utilizzato dalla misteriosa comunità di Qumran;[33] secondo Roberto Giacobbo invece il personaggio alla destra di Gesù non sarebbe né Giovanni né Maddalena ma la Madonna, e oltretutto Giuda sarebbe un personaggio invisibile raffigurato con un solo elemento staccato dal corpo, una mano armata di coltello;[34] nell’ipotesi più recente (ma certamente non ci aspettiamo che sia l’ultima) si sostiene invece che nel dipinto, e in particolare nei gesti degli apostoli e nelle pieghe della tovaglia, si troverebbe celato un pentagramma musicale con le note di una misteriosa composizione sacra. Ovviamente Gian Mario e Loredana Pala, gli autori della “scoperta”, hanno già depositato la composizione alla S.I.A.E.[35]

Per riprendere la citazione della Haziel, viene voglia di parafrasare Nanni Moretti con il suo: “Continuiamo così, facciamoci del male...”.



[1]Vittoria Haziel, La passione secondo Leonardo, Sperling & Kupfer, Milano, 1998. Seconda edizione ampliata, 2005.

[2] Stefano Bucci, Ma quel Giovanni è davvero una donna - La teoria di Dan Brown anticipata da Vittoria Haziel, in “Il Corriere della Sera”, 1 giugno 2006.

[3] Marco Barabotti, Quella donna all’Ultima Cena - Pisa, un documento proverebbe la tesi di Dan Brown, in “Il Tirreno”, 31 maggio 2006.

[4]Rosita Bimbi, Codice da Vinci: ecco la donna del Cenacolo. Oggi alla libreria Feltrinelli di Pisa la presentazione del libro ‘La Passione secondo Leonardo’ di Vittoria Haziel, in L’Opinione, n. 118, 31 maggio 2006.

[5] Nella bufera mediatica, in “Artemista - comunicazionecultura”, 6/6/2006. http://www.artemista.net/blog/index.php?p=433

[6]Codice Forster, II1, fol. 3r.

[8] Leonardo da Vinci - I codici Forster del Victoria and Albert Museum di Londra, Edizione in facsimile sotto gli auspici della Commissione Nazionale Vinciana, trascrizione diplomatica e critica di Augusto Marinoni, Firenze, Giunti-Barbèra, 1992.

[9]Benedetto Croce, Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale, Bari, Laterza, 1965, p. 118.

[10]Carlo Pedretti, Leonardo, il ritratto, Giunti, Firenze, 1998, p. 13.

[11]Michael W. Kwakkelstein, Leonardo’s Grotesque Heads, in “Journal of the Warburg and Courtauld Institutes”, Vol. 54. (1991), pp. 127-136.

[12]Jack Wasserman, The Clark/Pedretti Leonardo, in “The Burlington Magazine, Vol. 116, n.851, febbraio 1974, pp. 111-113. Jack Wasserman, Leonardo da Vinci: The Marvelous Works of Nature and Man, in “Renaissance Quarterly”, Vol. 36, n.1, 1983, pp. 106-112.

[13] Codice Forster, II1, fol. 6r.

[14]Codice Forster, II1, fol. 62v-63r. Proprio il personaggio descritto da Leonardo come quello che “tesse le dita delle sue mani insieme e colle rigide ciglia si si volta al compagnio” è stato da molti identificato con Giovanni, l’unico tra gli apostoli che tiene le mani con le dita intrecciate.

[15]Jean Paul Richter, The Literary Works of Leonardo da Vinci, London, 1883. Ristampato come The Notebooks of Leonardo da Vinci, Dover Publications Inc. New York, 1970, 2 Voll. Vittoria Haziel lo cita tra le note di La passione secondo Leonardo. Il testo in inglese è consultabile in internet a questo indirizzo: http://onlinebooks.library.upenn.edu/

[16]“I have assigned to the original manuscripts now scattered through England, Italy and France, the order of their production, as in many matters of detail it is highly important to be able to verify the time and place at which certain observations were made and registered”. J P.Richter, op.cit., p. XVI.

[17] Giorgio Vasari, Le Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architetti nelle redazioni del 1550 e 1568, testo a cura di R. Bettarini, commento secolare e indici a cura di P. Barocchi, Firenze, Sansoni, S.P.E.S. 1966-1987, Vol. 4, pag. 517 (Torrentiniana). Edizione elettronica consultabile in: http://biblio.cribecu.sns.it/vasari/consultazione/Vasari/indice.html

[18] Qualche esempio tratto dalle Vite di Vasari: Bastiano da Sangallo “fu molto bizzarro e fantastico nella positura delle sue figure”; Giovan Antonio Bazzi “era bestiale, licenzioso e fantastico, e chiamato, perché sempre praticava e viveva con giovinetti sbarbati, il Soddoma”; Piero di Cosimo realizzò un mostro marino “che per la deformità sua è tanto stravagante, bizarro e fantastico, che pare impossibile che la natura usasse e tanta deformità e tanta stranezza nelle cose sue”; Luca della Robbia passava da un lavoro all’altro “non per infingardaggine, né per essere, come molti sono, fantastico, instabile e non contento dell’arte sua, ma perché si sentiva dalla natura tirato a cose nuove”; Ercole de’ Roberti “nel lavoro era molto fantastico, perché quando e’ lavorava aveva cura che nessuno pittore né altri lo vedesse”; Pinturicchio “come strano e fantastico uomo che egli era, ne fece tanto rumore e tante volte che i frati finalmente si misero per disperati a levarlo via”.

[19]Giorgio Vasari, Le Vite, cit., Vol. 4, pag. 24  (Giuntina).

[20] “According to Vasari, Leonardo used to stalk bizarre-looking people through Florence and later sketch them. In his notebooks, Leonardo records seeing a prodigious-looking person in circumstances that suggest a research trip: ‘Giovannina - fantastic face - in the hospital of Saint Catherine’s’ ”. Jonathan Jones, A Grotesque Head, Leonardo da Vinci (1504), in “The Guardian, 6/4/2002.
http://arts.guardian.co.uk/portrait/story/0,,740399,00.html

[21]“Leonardo was struck by the queer face of a certain Giovannina at the hospital of Santa Caterina”. Eric McLaglan, Leonardo in the Consulting Room, in “The Burlington Magazine for Connoisseurs, Vol. 42, n. 238. (gennaio 1923), pp. 54.57-58.

[22]“Is the Giovannina with the fantastic face Leonardo saw in an hospital, a caricature or a grotesque?”. J. Wasserman, The Clark/Pedretti Leonardo, cit., p. 112.

[23]“Kemp includes Leonardo’s drawing of grotesques, in his opinion, satirical and thus visual counterparts of the facetiae, in the category of fantasy. But he qualifies this by associating them also with the medieval science of Physiognomy, since they are direct studies of real people and of characterization. Thus they combine elements of fantasy and reason. I would like to suggest, at least for some of the grotesques a more strictly scientific purpose, I have in mind the medical science of teratology that was in Leonardo’s days pioneered by the prominent Florentine physician Antonio Benivieni (1443-1502). For example, the study of Leonardo made in Milan of the “fantastic face” of Giovannina in the Hospital of S. Caterina seems to fit this category.” J.Wasserman, Leonardo da Vinci: The Marvelous Works of Nature and Man, cit., p.109.

[24]“When referring to physiognomically interesting faces, not necessarily comic ones, he used the terms of ‘fantastico’ or ‘monstruosi’.” Michael W. Kwakkelstein, op.cit, p. 134.

[25]Michael W. Kwakkelstein, op.cit., p. 134, nota 38.

[26]Citata in: Giovanni Agosti, “Su Mantegna, I”, Feltrinelli, Milano, 2006, p. 46.

[27] Jurgis Baltrusaitis, Il Medioevo fantastico, antichità ed esotismi nell’arte gotica, Adelphi, Milano, 1993.

[28]Carlo Amoretti, Memorie storiche sulla vita, gli studi e le opere di Leonardo da Vinci, Milano, 1804.

[29]Vittoria Haziel, op.cit., p.78.

[30]Anche l’assenza del calice sul tavolo, particolare che gli autori di mistero attribuiscono a derive eretiche di Leonardo, è spiegabilissimo col fatto che nel vangelo di Giovanni non si fa alcun cenno al calice (che infatti non compare in moltissime altre “ultime cene” rinascimentali). Diversamente dai primi tre vangeli, nel quarto non è narrata la scena che viene ricordata durante la Messa al momento della consacrazione: “Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati” (Mt. 26,27). Giovanni, dopo l’annuncio del tradimento, scrive invece così: “Vi dò un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv. 13,34).

[31] Così si legge nel capitolo 13 di Giovanni : «(21) cum haec dixisset Iesus turbatus est spiritu et protestatus est et dixit amen amen dico vobis quia unus ex vobis tradet me (22) aspiciebant ergo ad invicem discipuli haesitantes de quo diceret (23) erat ergo recumbens unus ex discipulis eius in sinu Iesu quem diligebat Iesus (24) innuit ergo huic Simon Petrus et dicit ei quis est de quo dicit (25) itaque cum recubuisset ille supra pectus Iesu dicit ei Domine quis est ». Ecco come quel testo è tradotto da Nicolò Malermi nel 1471: « Eravi dunque un de discipuli soi jacente sopra el peto de Iesu elo Iesu amava. A questo dunque signo Simon Pietro & disseli, chiedi de cui egli dice. Ilche jacendo quello sopra el peto de Iesu diceli Signor quale è egli». Nella versione in italiano di Antonio Martini, del 1771: «stava però uno de' discepoli, che era amato da Gesù, posando nel seno di lui. A questo perciò fece cenno Simon Pietro e dissegli: Di ci parla egli?. Quegli pertanto, posando sul petto di Gesù gli disse: Signore chi è mai? ».

[32] Jacopo da Varazze, Legenda Aurea, a cura di Alessandro e Lucetta Vitale Brovarone, Einaudi, Torino, 1995.

[33] Sabato Scala, Leonardo da Vinci conosceva un testo ritrovato a Qumran?, in “Episteme, An International Journal of Science, History and Philosophy” , N. 7 - 21 dicembre 2003. Questa ipotesi è facilmente confutabile basandosi sul fatto che le finestre nell’Ultima Cena leonardesca sono nove e non undici come nella sala descritta nel manoscritto 5Q15 di Qumran. I riquadri scuri infatti non sono finestre ma arazzi con disegni floreali appesi alle pareti con piccoli ganci.

[34]Roberto Giacobbo, Il segreto di Leonardo, Rai-Eri Rizzoli, Milano, 2005. Il coltello misterioso descritto da Giacobbo, che Vittoria Haziel in più occasioni ha affermato di aver scoperto per prima e che è citato anche da Picknett e Prince e da Dan Brown, è però chiaramente impugnato da Pietro. Questo è documentato da uno schizzo preparatorio conservato alla Royal Library di Windsor, confermato da tutte le copie dell’Ultima Cena realizzate già nel ‘500 dagli allievi di Leonardo e da decine di altre “ultime cene” dipinte da Domenico Ghirlandaio, Beato Angelico, Jacopo Bassano, il Perugino, Taddeo Gaddi, Andrea del Castagno, Luca Signorelli, Franciabigio, Giotto, Albrecht Dürer, Jean Huguet, Giovanni Canavesio... In tutte queste opere Pietro ha in mano il coltello (machaira nell’originale in greco), a ricordare il fatto che con quell'arma avrebbe poi tagliato l'orecchio a Malco, il servo del Sommo Sacerdote (Gv. 18,10).

[35] Rossano Sgarangella, Segreti di un genio: “Ultima Cena” con melodia dedicata a Dio, in “L’Unione Sarda”, 9 aprile 2007.