------------I protocolli dei Savi di Sion-----------
Umberto Eco
da "Il Pendolo di Foucault"
Cap. 91
La mossa di Napoleone con gli ebrei aveva provocato una correzione di rotta
presso i gesuiti. I Mémoires del Barruel non contenevano nessuna
allusione agli ebrei. Ma nel 1806 Barruel riceve la lettera di un certo capitano
Simonini il quale gli ricorda che anche Mani e il Veglio della Montagna erano
ebrei, che i massoni erano stati fondati dagli ebrei e che gli ebrei avevano
infiltrato tutte le società segrete esistenti. (...)
"Non vi può essere alcun dubbio. Con tutta la potenza ed il terrore
di Satana, il regno del Re trionfatore di Israele si avvicina al nostro mondo
non rigenerato; il Re nato dal sangue di Sionne, I'Anti-Cristo, si avvicina
al trono della potenza universale." L'idea era accettabile. Bastava considerare chi aveva introdotto i Protocolli
in Russia. La fonte dei nostri mali, presumibilmente edito da certo Boutmi, che con Kruscevan
aveva partecipato alla fondazione dell'Unione del Popolo Russo, poi nota come
Centurie Nere, la quale arruolava criminali comuni per compiere pogrom e attentati
di estrema destra. Boutmi avrebbe continuato a pubblicare, questa volta sotto
il suo nome, altre edizìoni dell'opera, col titolo I nemici della
razza umana - Protocolli provenienti dagli archivi segreti della cancelleria
centrale di Sion. E quando ci eravamo ingegnati di individuare l'anello mancante, che univa
tutta questa bella storia a Nilus, avevamo incontrato Rackovskij, il capo della
terribile Ochrana, la polizia segreta dello zar. Nel 1902 cerca di costituire una lega franco-russa antisemita. Per riuscirvi
usa una tecnica affine a quella dei Rosa-Croce. Afferma che la lega esiste,
in modo che qualcuno poi la crei. Ma usa anche un'altra tecnica: mescola accortamente
il vero con il falso, e il vero apparentemente lo danneggia, così nessuno
dubita del falso. Fa circolare a Parigi un misterioso appello ai francesi per
sostenere una Lega Patriottica Russa con sede a Karkov. Nell'appello attacca
se stesso come colui che vuole far fallire la lega e auspica che lui, Rackovskij,
cambi idea. Si autoaccusa di servirsi di personaggi screditati come Nilus, il
che è esatto.
La lettera di Simonini, fatta abilmente circolare a Parigi, aveva messo in difficoltà
Napoleone che aveva appena contattato il Gran Sinedrio. Quel contatto aveva
evidentemente preocccupato anche i Pauliciani, perché in quegli anni
il Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa Moscovita dichiarava: aNapoleone si propone
di riunire oggi tutti gli ebrei che la collera di Dio ha disperso sulla faccia
della terra per far loro rovesciare la chiesa di Cristo e proclamare Lui come
il vero Messia.»
Il buon Barruel accetta l'idea che il complotto non sia solo massonico ma giudaico-massonico.
Tra l'altro, l'idea di questo complotto satanico faceva comodo per attaccare
un nuovo nemico, e cioè l'Alta Vendita Carbonara, e quindi i padri anticlericali
del Risorgimento, da Mazzini a Garibaldi.
"Ma tutto questo avviene agli inizi dell'Ottocento,» diceva Diotallevi.
"Invece la grande offensiva antisemita inizia a fine secolo, con la pubblicazione
dei Protocolli dei Savi di Sion. E i Protocolli appaiono nell'area russa.
Dunque sono una iniziativa pauliciana.»
(Sergiej Nilus, Epilogo ai Protocolli)
Uno dei più influenti martinisti di fine secolo, Papus, aveva sedotto
Nicola II durante una sua visita a Parigi, poi era andato a Mosca e aveva condotto
con sé un tale Philippe, ovvero Philippe Nizier Anselme Vachod. Posseduto
dal diavolo a sei anni, guaritore a tredici, magnetizzatore a Lione, aveva affascinato
sia Nicola II che quell'isterica di sua moglie. Philippe era stato invitato
a corte, nominato medico dell'accademia militare di Pietroburgo, generale e
consigliere di stato.
I suoi avversari decidono allora di contrapporgli una figura altrettanto carismatica
che ne minasse il prestigio. E si trova Nilus.
Nilus era un monaco peregrinante, che in abiti talari peregrinava (e che altro?)
per i boschi ostentando una gran barba da profeta, due mogli, una figlioletta
e un'assistente o amante che fosse, tutte che pendevano dalle sue labbra. Metà
guru, di quelli che poi scappano con la cassa, e metà eremita, di quelli
che gridano che la fine è vicina. E infatti la sua idea fissa erano le
trame dell'Anticristo.
Il piano dei sostenitori di Nilus era di farlo ordinare pope in modo che poi
sposando (moglie più moglie meno) Elena Alexandrovna Ozerova, damigella
d'onore della zarina, diventasse il confessore dei sovrani.
(...)
Insomma, a un certo punto i partigiani di Philippe avevano accusato Nilus di
vita lasciva, e Dio sa se non avessero ragione anche loro. Nilus aveva dovuto
lasciare la corte, ma a questo punto qualcuno gli era venuto in aiuto passandogli
il testo dei Protocolli. Siccome tutti facevano una gran confusione tra martinisti
(che si ispiravano a Saint Martin) e martinesisti (seguaci di quel Martines
de Pasqually che piaceva così poco ad Agliè), e siccome Pasqually
secondo una voce corrente era ebreo, screditando gli ebrei si screditavano i
martinisti e screditando i martinisti si liquidava Philippe.
In effetti una prima versione incompleta dei Protocolli era già apparsa
nel 1903 sullo Znamia, un giornale di Pietroburgo diretto dall'antisemita
militante Kruscevan. Nel 1905, col benestare della censura governativa, questa
prima versione, completa, era ripresa anonimamente in un libro,
Ma si trattava di libretti a buon mercato. La versione estesa dei Protocolli,
quella che sarebbe stata tradotta in tutto il mondo, esce nel 1905 nella terza
edizione del libro di Nilus Il Grande nel Piccolo: L'Anticristo è
una possibilità politica imminente, Tsarkoie Tselo, sotto l'egida
di una sezione locale della Croce Rossa. La cornice era quella di più
ampia riflessione mistica, e il libro finisce nelle mani dello zar. Il metropolita
di Mosca ne prescrive la lettura in tutte le chiese moscovite.
(...)
I Protocolli sono una serie di ventiquattro dichiarazioni programmatiche attribuite
ai Savi di Sion. I propositi di questi Savi ci erano apparsi abbastanza contraddittori,
talora vogliono abolire la libertà di stampa, talora incoraggiare il
libertinismo. Criticano il liberalismo, ma sembrano enunciare il programma che
le sinistre radicali attribuiscono alle multinazionali capitalistiche, compreso
l'uso dello sport e dell'educazione visiva per rimbecillire il popolo. Analizzano
varie tecniche per impadronirsi del potere mondiale, elogiano la forza dell'oro.
Decidono di favorire le rivoluzioni in ogni paese sfruttando il malcontento
e confondendo il popolo proclamando idee liberali, però vogliono incoraggiare
la disuguaglianza. Calcolano come instaurare ovunque regimi presidenziali controllati
da uomini di paglia dei Savi. Decidono di far scoppiare guerre, aumentare la
produzione degli armamenti e (lo aveva detto anche Salon) costruire metropolitane
(sotterranee!) per aver modo di minare le grandi città.
Dicono che il fine giustifica i mezzi e si propongono di incoraggiare l'antisemitismo
sia per controllare gli ebrei poveri che per intenerire il cuore dei gentili
di fronte alle loro sventure (costoso, diceva Diotallevi, ma efficace). Affermano
con candore "abbiamo un'ambizione senza limiti, un'ingordigia divoratrice, un
desiderio spietato di vendetta e un odio intenso" (esibendo uno squisito masochismo
perché riproducono con gusto il cliché dell'ebreo malvagio che
già stava circolando nella stampa antisemita e che adornerà le
copertine di tutte le edizioni del loro libro), e decidono di abolire lo studio
dei classici e della storia antica.
"Insomma," osservava Belbo, "i Savi di Sion erano una manica di coglioni."
"Non scherziamo," diceva Diotallevi. "Questo libro è stato preso molto
sul serio. Piuttosto mi colpisce una cosa. Che volendo apparire come un piano
ebraico antico di secoli, tutti i suoi riferimenti sono a piccole polemiche
francesi fin de siècle. Pare che il cenno all'educazione visiva che serve
a rimbecillire le masse alludesse al programma educativo di Léon Bourgeois
che fa entrare nove massoni nel suo governo. Un altro brano consiglia di far
eleggere persone compromesse con lo scandalo di Panama e tale era Emile Loubet
che nel '99 diverrà presidente della repubblica. L'accenno al metró
è dovuto al fatto che in quel tempo i giornali di destra protestavano
perché la Compagnie du Métropolitain aveva troppi azionisti ebrei.
Per questo si suppone che il testo sia stato messo insieme in Francia nell'ultimo
decennio dell'Ottocento, al tempo dell'affare Dreyfus, per indebolire il fronte
liberale."
(...)
Avevamo tutto sotto gli occhi da tempo, e non ce n'eravamo mai resi conto appieno.
Lungo sei secoli sei gruppi si battono per realizzare il Piano di Provins, e
ciascun gruppo prende il testo ideale di quel Piano, vi cambia semplicemente
il soggetto, e lo attribuisce all'avversario.
Dopo che i Rosa-Croce si fan vivi in Francia, i gesuiti volgono il piano in
negativo: screditando i Rosa-Croce, screditano i baconiani e la nascente massoneria
inglese.
Quando i gesuiti inventano il neotemplarismo, il marchese de Luchet attribuisce
il piano ai neotemplari. I gesuiti, che ormai stanno scaricando anche i neotemplari,
attraverso Barruel copiano Luchet, ma attribuiscono il piano a tutti i frammassoni
in genere.
Controffensiva baconiana. Andando a spulciare tutti i testi della polemica liberale
e laicista avevamo scoperto che da Michelet e Quinet sino a Garibaldi e a Giobèrti,
si attribuiva l'Ordonation ai gesuiti (e forse l'idea veniva dal templare Pascal
e dai suoi amici). Il tema diventava popolare con L'ebreo errante di
Eugène Sue e col suo personaggio del malvagio monsieur Rodin, quintessenza
del complotto gesuitico nel mondo. Ma cercando in Sue avevamo trovato ben di
più: un testo che sembrava ricalcato - ma in anticipo di mezzo secolo
- sui Protocolli, parola per parola. Si trattava dell'ultimo capitolo de I
misteri del Popolo. Qui il diabolico piano gesuita era spiegato sino all'ultimo
delittuoso dettaglio in un documento inviato dal generale della Compagnia, padre
Roothaan (personaggio storico) a monsieur Rodin (già personaggio dell'Ebreo
errante). Rodolfo di Gerolstein (già eroe dei Misteri di Parigi)
ne veniva in possesso e lo rivelava ai democratici: "Vedete caro Lebrenn, come
questa trama infernale è ben ordita, quali spaventevoli dolori, quale
orrenda dominazione, quale dispotismo terribile riserva all'Europa e al mondo,
se per sventura riesce..."
Sembrava la prefazione di Nilus ai Protocolli. E Sue attribuiva ai gesuiti il
motto (che ritroveremo poi nei Protocolli, attribuito agli ebrei) "il fine giustifica
i mezzi".
(...)
Quando escono i Misteri del popolo, i gesuiti vedono che l'Ordonation
è attribuita a loro, e si buttano sull'unica tattica offensiva che non
era ancora stata sfruttata da nessuno e, recuperando la lettera di Simonini,
attribuiscono l'Ordonation agli ebrei.
Nel 1869 Gougenot de Mousseaux, celebre per due libri sulla magia nel diciannovesimo
secolo, pubblica Les Juifs, le judaisme et la judaisation des peuples chrétiens,
dove si dice che i giudei usano la Cabbala e sono adoratori di Satana, visto
che una filiazione segreta lega direttamente Caino agli gnostici, ai Templari
e ai massoni. De Mousseaux riceve una benedizione speciale da Pio IX.
Ma il Piano romanzato da Sue viene riciclato anche da altri, che gesuiti non
sono. C'era una bella storia, quasi gialla, accaduta molto tempo dopo. Dopo
l'apparizione dei Protocolli, che aveva preso molto sul serio, nel 1921 il Times
aveva scoperto che un proprietario terriero russo monarchico rifugiatosi in
Turchia aveva comperato da un ex ufficiale della polizia segreta russa rifugiato
a Costantinopoli un gruppo di vecchi libri tra cui uno senza copertina, dove
sulla costa si leggeva solo "Joli", con una prefazione datata 1864 e che sembrava
la fonte letterale dei Protocolli. Il Times aveva fatto ricerche al British
Museum e aveva scoperto il libro originale di Maurice Joly, Dialogue aux
enfers entre Montesquieu et Machiavel, Bruxelles (ma con l'indicazione Genève,
1864). Maurice Joly non aveva nulla a che vedere con Cretineau-Joly, ma l'analogia
andava comunque rilevata, qualche cosa doveva pur significare.
Il libro di Joly era un pamphlet liberale contro Napoleone III dove Machiavelli,
che rappresentava il cinismo del dittatore, discuteva con Montesquieu. Joly
era stato arrestato per questa iniziativa rivoluzionaria, aveva fatto quindici
mesi di prigione e nel 1878 si era ucciso. Il programma degli ebrei dei Protocolli
era ripreso quasi letteralmente da quello che Joly attribuiva a Machiavelli
(il fine giustifica i mezzi), e attraverso Machiavelli a Napoleone. Il Times
però non si era accorto (ma noi si) che Joly aveva copiato a man salva
dal documento di Sue, anteriore di almeno sette anni.
Un'autrice antisemita, un'appassionata della teoria del complotto e dei Superiori
Sconosciuti, tale Nesta Webster, di fronte a questo fatto che riduceva i Protocolli
a una banale scopiazzatura, ci aveva provvisto un'intuizione luminosissima,
come solo il vero iniziato, o il cacciatore di iniziati, sa avere. Joly era
un iniziato, conosceva il piano dei Superiori Sconosciuti, odiando Napoleone
III lo aveva attribuito a lui, ma questo non significava che il piano non esistesse
indipendentemente da Napoleone. Siccome il piano raccontato dai Protocolli si
attaglia esattamente a quello che gli ebrei di solito fanno, dunque era il piano
degli ebrei.
(...)
Ci era piaciuta molto la faccenda del cimitero di Praga. Era la storia di un
certo Hermann Goedsche, un piccolo funzionario postale prussiano. Costui aveva
già pubblicato documenti falsi per screditare il democratico Waldeck,
accusandolo di voler assassinare il re di Prussia. Smascherato, era diventato
il redattore dell'organo dei grandi proprietari conservatori, Die Preussische
Kreuzezeitung. Poi sotto il nome di sir John Retcliffe aveva iniziato a
scrivere romanzi a sensazione, tra cui Biarritz, nel 1868. Quivi descriveva
una scena occultistica che si svolgeva nel cimitero di Praga, molto simile alla
riunione degli Illuminati che Dumas aveva descritto all'inizio del Giuseppe
Balsamo, dove Cagliostro, capo dei Superiori Sconosciuti, tra cui Swedenborg,
ordisce il complotto della collana della regina. Nel cimitero di Praga si riuniscono
i rappresentanti delle dodici tribù di Israele che espongono i loro piani
per la conquista del mondo.
Nel 1876 un pamphlet russo riporta la scena di Biarritz, ma come se fosse
avvenuta realmente. E cosi fa nel 1881, in Francia, Le Contemporain.
E si dice che la notizia viene da fonte sicura, il diplomatico inglese sir John
Readcliff. Nel 1896 tale Bournand pubblica un libro, Les Juifs, nos contemporains,
e riporta la scena del cimitero di Praga, e dice che il discorso eversore viene
fatto dal gran rabbino John Readclif. Una tradizione posteriore dirà
invece che il vero Readclif era stato condotto nel cimitero fatale da Ferdinand
Lassalle, genero di Marx.
E questi piani sono più o meno quelli descritti nel 1880, pochi anni
prima, dalla Revve des Etudes Juives (antisemita) che aveva pubblicato
due lettere attribuite a ebrei del xv secolo. Gli ebrei di Arles chiedono aiuto
agli ebrei di Costantinopoli perché sono perseguitati, e costoro rispondono:
"Beneamati fratelli in Mosè, se il re di Francia vi obbliga a farvi cristiani,
fatelo, perché non potete fare altrimenti, ma conservate la legge di
Mosè nei vostri cuori. Se vi spogliano dei vostri beni fate che i vostri
figli diventino mercanti, in modo che a poco a poco spoglino i cristiani dei
loro. Se si attenta alle vostre vite fate diventare i vostri figli medici e
farmacisti, così che essi tolgano ai cristiani le loro vite. Se distruggono
le vostre sinagoghe, fate diventare i vostri figli canonici e chierici in modo
che distruggano le loro chiese. Se vi fanno altre vessazioni, fate che i vostri
figli diventino avvocati e notai e che si mescolino agli affari di tutti gli
stati, in modo che mettendo i cristiani sotto il vostro giogo, voi dominiate
il mondo e possiate vendicarvi di essi."
Si trattava sempre del piano dei gesuiti e, a monte, della Ordonation templare.
Poche variazioni, permutazioni minime: i Protocolli si stavano facendo da soli.
Un progetto astratto di complotto migrava da complotto a complotto.
(...)
Pierre Ivanovitch Rackovskij. Gioviale, insinuante, felino, intelligente e astuto,
falsario geniale. Piccolo funzionario, poi in contatto coi gruppi rivoluzionari,
nel 1879 viene arrestato dalla polizia segreta e accusato di aver dato asilo
ad amici terroristi che avevano attentato al generale Drentel. Passa dalla parte
della polizia e si iscrive (guarda guarda) alle Centurie Nere. Nel 1890 scopre
a Parigi un'organizzazione che fabbricava bombe per attentati in Russia, e riesce
a far arrestare in patria sessantatré terroristi. Dieci anni dopo si
scoprirà che le bombe erano state fatte dai suoi uomini.
Nel 1887 diffonde la lettera di un certo Ivanov, rivoluzionario pentito, che
assicura che la maggioranza dei terroristi sono ebrei; nel '90 una "confession
par un vieillard ancien révolutionnaire» dove i rivoluzionari esiliati
a Londra sono accusati di essere agenti britannici. Nel '92 un falso testo di
Plechanov in cui si accusa la direzione del partito Narodnaia Volia di aver
fatto pubblicare quella confessione.
Perché si possono attribuire a Rackovskij i Protocolli?
Il protettore di Rackovskij era il ministro Sergeij Witte, un progressista che
voleva trasformare la Russia in un paese moderno. Perché il progressista
Witte si servisse del reazionario Rackovskij, lo sapeva solo Iddio, ma noi eravamo
ormai preparati a tutto. Witte aveva un avversario politico, tale Elie de Cyon,
che già lo aveva attaccato pubblicamente con spunti polemici che ricordano
certi brani dei Protocolli. Ma negli scritti di Cyon non vi erano accenni agli
ebrei, perché lui stesso era di origine ebraica. Nel 1897, per ordine
di Witte, Rackovskij fa perquisire la villa di Cyon a Territat, e trova un pamphlet
di Cyon derivato dal libro di Joly (o da quello di Sue), dove si attribuivano
a Witte le idee di Machiavelli-Napoleone III. Rackovskij, col suo genio per
la falsificazione, sostituisce gli ebrei a Witte e fa circolare il testo. Il
nome Cyon pare fatto apposta per ricordare Sion, e si può dimostrare
che un autorevole esponente ebraico denuncia un complotto ebraico. Ecco che
sono nati i Protocolli. A questo punto il testo cade anche nelle mani di Iuliana
o Jusune Glinka, che frequenta a Parigi l'ambiente di Madame Blawatsky, e nei
ritagli di tempo spia e denuncia i rivoluzionari russi in esilio. La Glinka
è certamente un agente dei pauliciani, i quali sono legati agli agrari
e quindi vogliono convincere lo zar che i programmi di Witte sono gli stessi
del complotto internazionale ebraico. La Glinka invia il documento al generale
Orgeievskij, e questo attraverso il comandante della guardia imperiale lo fa
pervenire allo zar. Witte si trova nei guai.
Cosl Rackovskij, trascinato dal suo livore antisemita, contribuisce alla disgrazia
del suo protettore. E probabilmente anche alla propria. Infatti da quel momento
perdevamo le sue tracce. San Germano forse si era mosso verso nuovi travestimenti
e nuove reincarnazioni.
(...)
"Il primo dovere di un bravo infiltrato,» commentavo, "è denunciare
come infiltrati coloro presso cui si è infiltrato."
Umberto
Eco su I protocolli dei Savi di Sion, in "Sei passeggiate nei boschi narrativi"