I MISTERI DI LEONARDO - Capitolo 1 2 3


di Diego Cuoghi

"Intanto l'uomo comune aveva perduto la capacità di riconoscere i soggetti dell'arte
antica e di comprenderne i significati. Erano sempre meno le persone che leggevano i
classici greci e relativamente poche quelle che conoscevano la Bibbia come l'avevano
conosciuta i loro nonni. Le persone di una certa età oggi restano sgomente nel vedere
quanti riferimenti biblici siano ormai incomprensibili alle ultime generazioni."

Kenneth Clark
(dall' introduzione al
Dizionario dei soggetti e dei simboli nell'Arte di James Hall)









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Nella gran parte di queste ultime cene si nota sempre la presenza di una donna di fianco a Gesù, evidentemente la Maddalena, che spesso si ritrova abbandonata tra le braccia del Messia”.

Se avessi letto questa frase in un forum di argomento mysterico, o se l'avessi sentita pronunciare da uno dei tanti gnostici della domenica che trovano indizi di complotti (per non parlare degli
UFO) nell'arte rinascimentale, non mi sarei stupito. Quando invece l’ho trovata a pagina 81 di un libro intitolato Lezione sul Cenacolo di Leonardo da Vinci scritto dal premio Nobel Dario Fo (Franco Cosimo Panini Editore, 2007), ho sentito un gran rumore di cocci rotti e detriti che crollavano a terra: era quel che rimaneva della mia considerazione per questo grande uomo di cultura e spettacolo, vittima dell’ultima tendenza esoterica che ogni mese ci propone un nuovo mistero à la page legato alle opere di Leonardo. In seguito al successo del Codice Da Vinci è diventato infatti quasi uno sport popolare trovare delle maddalene un po’ dappertutto. La prima ovviamente è l'apostolo Giovanni dipinto da Leonardo nell'Ultima cena. Appare come un giovane con i capelli lunghi, dall’aspetto che oggi a molti appare eccessivamente effeminato tanto che molti arrivano ad affermare senza ombra di dubbio che “è una donna”. Dario Fo, in una recente intervista in cui presenta il libro sul Cenacolo, ha ribadito la sua convinzione affermando che «Dan Brown c’ha azzeccato su una cosa: tra i partecipanti alla cena c’è una donna, ed è Maddalena. Leonardo avrà usato magari un modello maschile, all’epoca era normale. Però le forme, i capelli, il collo, l’attitudine del personaggio è perfettamente femminile.» Secondo Fo l’apostolo Giovanni sarebbe stato «sacrificato apposta per inserire Maddalena.»

Purtroppo anche Dario Fo, invece di cercare le ragioni di questa precisa scelta iconografica nelle usanze dell'epoca, e soprattutto nei testi religiosi, si lascia suggestionare dalla trama di uno sgangherato thriller fantastorico di successo. Proviamo a pensare se davvero Leonardo e tutti i suoi contemporanei avessero raffigurato sulle pareti dei conventi (quasi tutte le ultime cene rinascimentali si trovano infatti nei refettori delle congregazioni religiose) qualcosa di non approvato dalla Chiesa come una Maria Maddalena seduta di fianco a Gesù o addirittura
abbandonata tra le sue braccia come scrive Dario Fo... L'avrebbero passata liscia? Tutti quei frati e suore che ogni santo giorno, per secoli, si sono trovati ad osservare una donna invece di Giovanni non si sarebbero mai accorti di niente? Tutti fessi loro e tutti furbi i moderni scopritori di Maddalene? Non credo, probabilmente sarebbe successo quello che avvenne con l'Ultima Cena del Veronese, destinata al refettorio del convento domenicano dei Santi Giovanni e Paolo a Venezia e che l'artista ha popolato con nani, animali, saltimbanchi, come se fosse uno spettacolo a palazzo. Il dipinto venne rifiutato e l'artista processato dall'Inquisizione. Alla fine non venne incarcerato ma obbligato a eliminare gli elementi meno rispettosi e a cambiare il titolo del dipinto, non più l'Ultima cena ma Cena a casa di Levi, quindi un diverso episodio del vangelo che poteva anche essere inteso come una festa privata nella sfarzosa residenza di un ricco esattore delle tasse come era il pubblicano Levi.

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Forse sembrerà una considerazione banale, ma a questo punto bisogna ribadirla: l'arte sacra cristiana si basa sui testi della religione cristiana. Con ciò non sto dicendo che quei testi siano "veri", che contengano fatti storici documentati e provati, ma più semplicemente che da lì gli artisti (ma soprattutto i loro committenti religiosi) traevano i soggetti da dipingere.

Anche Leonardo dunque, in questo tipo di rappresentazione di Giovanni, non va controcorrente. Nel suo e in quasi tutti i dipinti medievali e rinascimentali che hanno come soggetto l'
Ultima cena, l'apostolo è rappresentato come un giovane dall'aria efebica e dal viso glabro, a differenza dagli altri che hanno l'aspetto di adulti spesso con barba, e spesso l'apostolo ha il capo reclinato sulla spalla o sul petto di Gesù. Ma quello che quei pittori raffiguravano era Giovanni non la Maddalena, tanto che in diversi casi troviamo il nome degli apostoli scritto a chiare lettere (ad esempio nel Cenacolo di San Giusto del Franciabigio, o in quello di Pietro Vannucci detto il Perugino, dipinto nel Convento di Fuligno nel quale ci sono altri giovani apostoli dai lineamenti che oggi possono apparire femminili). Se non si trattasse di Giovanni i misteriosofi dovrebbero poi spiegare dove costui si sarebbe nascosto. infatti proprio nel vangelo a lui attribuito, dal quale è tratta la scena raffigurata da Leonardo, Giovanni è descritto come il discepolo prediletto (quem diligebat Iesus):

Annunzio del tradimento di Giuda
[21]Dette queste cose, Gesù si commosse profondamente e dichiarò: «In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà». [22]I discepoli si guardarono gli uni gli altri, non sapendo di chi parlasse. [23]Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. [24] Simon Pietro gli fece un cenno e gli disse: «Dì, chi è colui a cui si riferisce?». [25]Ed egli
reclinandosi così sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?». [26]Rispose allora Gesù: «E' colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò». E intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda Iscariota, figlio di Simone.

Nella
Vulgata di San Gerolamo, il testo evangelico in latino più diffuso all'epoca di Leonardo, il gesto dell’ “adagiarsi sul petto” è più evidente che nelle traduzioni moderne. Così si legge nel capitolo 13 di Giovanni : «(21) cum haec dixisset Iesus turbatus est spiritu et protestatus est et dixit amen amen dico vobis quia unus ex vobis tradet me (22) aspiciebant ergo ad invicem discipuli haesitantes de quo diceret (23) erat ergo recumbens unus ex discipulis eius in sinu Iesu quem diligebat Iesus (24) innuit ergo huic Simon Petrus et dicit ei quis est de quo dicit (25) itaque cum recubuisset ille supra pectus Iesu dicit ei Domine quis est ». Nella versione in italiano di Antonio Martini, del 1771, tratta dalla Vulgata: «stava però uno de' discepoli, che era amato da Gesù, posando nel seno di lui. A questo perciò fece cenno Simon Pietro e dissegli: Di ci parla egli?. Quegli pertanto, posando sul petto di Gesù gli disse: Signore chi è mai? ».

Molti artisti però non conoscevano bene il latino, e lo stesso Leonardo si era autodefinito “omo sanza lettere”, ovvero “illetterato”. E' possibile quindi che il testo al quale facevano riferimento nel raffigurare scene bibliche fosse una edizione molto diffusa in quell’epoca, la
Biblia Vulgare Historiata di Malermi, traduzione della Vulgata, pubblicata a Venezia nel 1471 e seguita da oltre dieci edizioni. Ecco come in quel testo è descritta la stessa scena: « Et havendo ditte queste cose Iesu turbosse nel spirito: & jurado disse In verità in verità ve dico che uno de voi me tradera. Reguardavasi li discipuli lun laltro dubitanti de cui dicesse. Eravi dunque un de discipuli soi jacente sopra el peto de Iesu elo Iesu amava. A questo dunque signo Simon Pietro & disseli, chiedi de cui egli dice. Ilche jacendo quello sopra el peto de Iesu diceli Signor quale è egli. Respose Iesu Egli è quello alquale porgerò el pane victo. Et poscia che eli hebe intinto el pane dettelo a Iuda de Simone Iscarioth: e dopo la fetta in lui entrò Satanas. ».

Ma vi erano anche altri testi a disposizione degli artisti. In un “manuale di iconografia” bizantino, datato attorno al XI secolo troviamo indicazioni molto precise su come gli artisti dovevano dipingere l’ultima cena: «Una casa. Al suo interno c'è una tavola con focacce e piatti colmi di cibo; c'è una coppa e un grande recipiente per il vino. Cristo è seduto a questa tavola con gli apostoli. Sul lato sinistro, Giovanni è disteso sul suo grembo; a destra, Giuda allunga la mano nel piatto e guarda Cristo.» (I segreti dell'iconografia bizantina, a cura di Pierluigi Zuccatelli, ed. Arkeios, pag.137).
A proposito dell'iconografia di Giovanni ecco cosa scrive James Hall nel
Dizionario dei soggetti e dei simboli nell'arte: «Nelle figurazioni dell'Ultima Cena appoggia il capo sul petto di Cristo, in base alla tradizione secondo cui era il discepolo prediletto. (...) è un giovane aggraziato, a volte quasi femmineo, sbarbato, con lunghi capelli a boccoli».

Una raffigurazione di Giovanni con i capelli a boccoli molto simile a quella di Leonardo, ma che la anticipa di due secoli, è visibile nel calice di Guccio di Mannaia, datato attorno al 1290 e conservato ad Assisi nel Museo del Tesoro.

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Sia la posa della testa che quella delle mani sono le stesse del Giovanni di Leonardo.

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La vera diversità nella figura di Giovanni dipinta da Leonardo rispetto alle altre ultime cene dell'epoca, la possiamo notare nel fatto che il pittore raffigura l'apostolo mentre si volta verso Pietro che gli ha fatto un cenno con la mano, per ascoltare la domanda «Dì, chi è colui a cui si riferisce?» e non nel momento in cui reclina il capo sul petto di Gesù. Leonardo dunque, a differenza di tanti suoi contemporanei, rappresenta Gesù solo, isolato al centro della scena.

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Questa immagine si trova in Wikimedia Commons

Ma oltre alla tipica posa del capo, anche l'aspetto “virginale” di Giovanni ha una origine molto precisa. Uno dei testi fondamentali per capire i soggetti dell'arte sacra dal XIII al XVI secolo è la
Legenda Aurea di Jacopo da Varazze. Si tratta di un voluminoso repertorio scritto intorno al 1280 che comprende di vite di santi e scene tratte dai vangeli, sia “canonici” che “apocrifi” . Questi ultimi non erano considerati tutti eretici o proibiti come molti credono. Molti apocrifi (ad esempio quelli dell'infanzia) erano testi abbastanza diffusi e ne circolavano anche versioni in lingua volgare. Lo stesso Jacopo da Varazze, vescovo di Genova, ne utilizzo diversi come fonti dei suoi scritti, dichiarandolo apertamente.

Nel capitolo dedicato a Giovanni, nella Legenda Aurea leggiamo che «
Dio lo volle vergine, e perciò il suo nome significa che in lui fu la grazia: in lui infatti ci fu la grazia della castità del suo stato virginale, ed è per questo che il Signore lo chiamò durante le nozze, mentre lui voleva sposarsi.» Ecco dunque che l'aspetto di Giovanni visto come un “giovane vergine” al contrario di altri apostoli raffigurati come uomini maturi, spesso barbuti, si spiega senza ricorrere a fantomatiche Maddalene nascoste.
Un particolare curioso: nella
Legenda Aurea Jacopo da Varazze aggiunge che «Alcuni sostengono che Maria Maddalena fosse la sposa di Giovanni Evangelista, che stava per prenderla in moglie quando Gesù chiamandolo lo distolse dalle nozze. Per questo, cioè per il fatto che le aveva portato via lo sposo, offesa se ne andò e si dette ad ogni tipo di dissolutezza», ma aggiunge che «tutte queste cose sembrano essere false e prive di fondamento». Dunque le leggende-gossip su Maddalena, Gesù e Giovanni non le ha inventate sicuramente Dan Brown.

Lasciando perdere le leggende, ciò che sappiamo di certo è che dell’originale Giovanni di Leonardo è rimasto pochissimo. Secondo la responsabile del recente restauro, Pinin Brambila Barcilon, del viso dipinto dall’artista non è rimasto che un decimo ovvero le scaglie di colore più chiaro della fronte, del naso e degli zigomi
(in Leonardo, L’Ultima Cena, pagg. 393-400). Tutto il resto è dovuto ai restauratori.

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Questa immagine si trova in Wikimedia Commons e nella pagina di Wikipedia sull’ Ultima Cena di Leonardo.

Ai lettori di Dario Fo propongo qui alcuni altri esempi di come Giovanni veniva raffigurato nell'
Ultima cena, ma moltissimi altri esempi simili sono reperibili nel voluminoso catalogo della mostra Il Genio e le passioni dedicata al Cenacolo (ed. Skira, 2001) . Ai lettori del Codice da Vinci, ma soprattutto dei libri di Picknett e Prince (La sindone da Vinci e La rivelazione dei Templari) dai quali Dan Brown ha tratto tutto quanto riguarda Leonardo, faccio invece notare Pietro, quasi sempre col coltello in mano (a questo argomento ho dedicato una pagina a parte, intitolata Cercatori di coltelli svolazzanti). Anche questa caratteristica iconografica, che ritroviamo puntualmente nel cenacolo leonardesco, non ha niente di misterioso (Pietro non sta minacciando di tagliare la gola alla Maddalena) ma deriva da un brano del vangelo di Giovanni. Si tratta della scena immediatamente successiva all'ultima cena, quella in cui Pietro nel momento dell'arresto di Gesù taglia l'orecchio al servo del Gran Sacerdote. Nell’originale greco leggiamo che usa una “machaira”, ovvero un grosso coltello con la lama ricurva, nella Vulgata in latino è scritto “gladium”, e nella traduzione italiana contemporanea si legge “spada”. Ma nella già citata traduzione italiana di Nicolò Malermi del 1471 si legge che “havendo dunque Simon Pietro el coltello trasselo fuori et percosse el servo del pontifice & taliogli la orecchia diricta”.


Domenico Ghirlandaio, Cenacolo di Ognissanti, Firenze


Domenico Ghirlandaio, Cenacolo di San Marco, Firenze


Luca Signorelli, l'Ultima cena (predella del Compianto sul Cristo morto), Museo Diocesano, Cortona.


Pietro Vannucci detto il Perugino, Cenacolo di Fuligno, Firenze


Andrea Del Castagno, Cenacolo di Santa Apollonia, Firenze


Affresco di Giovanni Canavesio, nella cappella di Notre Dame des Fontaines, Briga


Jacopo Bassano, Ultima cena


Jaime Huguet, Ultima Cena (circa 1470), Museo di Arte Catalana, Barcellona


Jaume Baço, Ultima cena (circa 1450)


Ultima Cena, affresco del XIII secolo, Chiesa di El Tormillo, Spagna.


Franciabigio, Cenacolo di San Giusto della Calza, Firenze


Albrecht Durer


Duccio di Boninsegna


Ignoto, Ultima Cena, Varallo Sesia (circa 1500)


Valentin De Boulogne




Michiel van der Borch
Master of the Housebook


Jean Penicaud
Beato Angelico


Ari Sheaffer


Tre statue lignee tedesche del XV secolo


Uno degli ultimi casi di interpretazione insensata di un dipinto raffigurante l'
Ultima cena è quella che riguarda la chiesa di San Benedetto a Celarda, nel bellunese. In seguito alla segnalazione di un iscritto a Italia Nostra (!) e ad articoli pubblicati sul Gazzettino (28/10/2005, 3/11/2005 e 25/5/2006) la chiesa è stata presa d'assalto da frotte di turisti del mistero, ansiosi di poter vedere un affresco che confermerebbe la tesi esposta nel Codice da Vinci, ovvero la presenza di Maddalena di fianco a Gesù nell'ultima cena. A causa di questo il parroco è stato costretto a chiudere la chiesa e ad aprirla solo per le funzioni.



E' davvero sconcertante vedere come la posa più diffusa e canonica di Giovanni, quella col capo reclinato sul petto di Gesù come descritto dal quarto vangelo, sia diventata improvvisamente “eretica” e “scandalosa” a causa di un thriller i cui argomenti artistici sono stati presi sul serio da tanti lettori.

Ecco invece un dipinto molto interessante. Nella chiesa di Santa Maria o del Purgatorio a Carunchio (Chieti) è visibile questo affresco raffigurante l’Ultima Cena. Il solito Giovanni ha la testa appoggiata sul petto di Gesù, Giuda ha in mano il sacchetto dei soldi come in tanti altri dipinti con lo stesso soggetto, ma oltre agli apostoli sullo sfondo si vedono altri due personaggi, un uomo con cappello e una donna.



La presenza di altri personaggi oltre a Gesù e agli apostoli non è inusuale. Spesso si tratta di servitori come nell'
Ultima Cena di Gaudenzio Ferrari e Sperindio Cagnola, oppure dei ritratti dei committenti, come nell'Ultima Cena di Dieric Bouts o in quella di Cosimo Rosselli, e l'uomo col cappello potrebbe essere chi ha offerto l'affresco. La donna invece ha in mano un recipiente, probabilmente l'ampolla degli unguenti e in questo caso la figura sarebbe quella della “donna col vaso di alabastro” descritta nella scena della “cena a casa di Simone” nei vangeli secondo Marco e Matteo, o Maria di Betania se prendiamo come fonte il vangelo secondo Giovanni:

«
Gesù si trovava a Betània nella casa di Simone il lebbroso. Mentre stava a mensa, giunse una donna con un vasetto di alabastro, pieno di olio profumato di nardo genuino di gran valore; ruppe il vasetto di alabastro e versò l’unguento sul suo capo. Ci furono alcuni che si sdegnarono fra di loro: Perchè tutto questo spreco di olio profumato? Si poteva benissimo vendere quest’olio a più di trecento denari e darli ai poveri!» (Mc. 14)
«
Mentre Gesù si trovava a Betània, in casa di Simone il lebbroso, gli si avvicinò una donna con un vaso di alabastro di olio profumato molto prezioso, e glielo versò sul capo mentre stava a mensa. I discepoli vedendo ciò si sdegnarono e dissero: Perché questo spreco? Lo si poteva vendere a caro prezzo per darlo ai poveri!» (Mt. 26).
La donna identificata tradizionalmente come Maria Maddalena fa così la sua inusuale comparsa in un'
Ultima Cena mostrandosi chiaramente come un personaggio ben distinto dal giovane Giovanni, biondo e boccoluto, col capo reclinato sul petto di Gesù.



Una scena simile la troviamo nell’
Ultima cena del retablo della Certosa di Miraflores a Burgos, nella quale appare chiaro che l’artista ha inserito una variante dell’episodio precedente raccontato da Marco e Matteo: invece di versare l’unguento sul capo di Gesù, la donna lo cosparge sui suoi piedi. Questa scena è presente nel vangelo secondo Luca, in cui la donna anonima è definita “una peccatrice”, e in quello secondo Giovanni, che invece la identifica con Maria di Betania:
«
Un fariseo invit Ges a mangiare con lui. Egli entr in casa sua e si mise a tavola. Ed ecco una donna, una peccatrice di quella citt, saputo che si trovava nella casa del fariseo, venne con un vasetto di olio profumato; fermatasi dietro a lui, si rannicchi ai suoi piedi e cominci a bagnarli di lacrime; poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato.» (Lc. 7)
«
Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui gli fecero una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell’unguento. Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che doveva poi tradirlo, disse: "Perché quest’olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?» (Gv.12)


Anche in questo caso la donna è tradizionalmente identificata con Maddalena e, come nell’affresco abruzzese, anche in questa poco canonica Ultima cena i personaggi di Maddalena e Giovanni sono ben distinti.

Nell'
Ultima cena raffigurata da Giovan Pietro Birago nel Libro d'Ore degli Sforza sono visibili molti altri personaggi oltre a Gesù e gli apostoli. Si tratta di servitori che portano le vivande, presenze che troviamo in molti altre versioni di questo soggetto pur non essendo citate nei vangeli. In particolare questi giovani servitori non sono meno effeminati del solito Giovanni col capo reclinato.



Nelle seguenti raffigurazioni Giovanni non ha il capo reclinato ma ha sempre l'aspetto efebico, diverso dagli altri apostoli barbuti ma non per questo eretico o rivelatore di chissà quali misteri e complotti:


Philippe de Champaigne


Filippo Sassetta


Hans Holbein (notare il gesto di Pietro che interroga Giovanni, come nell'Ultima cena di Leonardo)


Dieric Bouts

Javier Serra, uno scrittore spagnolo di misteri, sostiene che Leonardo fu il primo a eliminare le aureole nei soggetti di arte sacra. Ma questo dipinto di Dieric Bouts risale a vent'anni prima dell'
Ultima cena di Leonardo. Le aureole infatti non compaiono quasi mai nell'arte dei paesi del nord, e anche in Italia mancano spesso in opere in artisti precedenti a Leonardo come Giovanni Bellini o Antonello da Messina, entrambi influenzati più dall'arte del nord che da quella dell'Italia centrale. Lo stesso Serra ha sostenuto addirittura che Leonardo nell'Ultima cena avrebbe rappresentato un rituale cataro, perché «Gesù è situato proprio sopra la porta del refettorio, vediamo che sembra imporre la mano sul capo di chiunque passi dalla porta». Serra dimostra così di non sapere neppure che la porta in origine non esisteva, venne aperta due secoli dopo e per questo una parte del dipinto di Leonardo, già rovinato, venne distrutta. E quella non è nemmeno un’ entrata del refettorio, ma la porta di servizio che comunicava con le cucine!


A sinistra una miniatura che raffigura Giovanni nell’isola di Patmos mentre scrive il suo vangelo, tratta dal Libro delle Preghiere di Renée de France (1517 circa). A destra Giovanni in un particolare della Crocifissione di Sano di Pietro


San Giovanni Evangelista, nelle versioni del Giampietrino e di Piero di Cosimo. Il calice dal quale esce il serpente deriva da una leggenda secondo la quale Giovanni avrebbe miracolosamente sventato un tentativo di avvelenamento.


San Giovanni Evangelista di Antonio Allegri, detto il Correggio.


Ecco come Raffaello raffigura Giovanni ai piedi della croce. Giovanni è quello a destra, Maddalena è inginocchiata. Da notare il gesto delle mani intrecciate di Giovanni, uguale a quello dipinto da Leonardo.

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Tornando all’apostolo Giovanni dipinto da Leonardo, chi potrebbe essere stato il modello?

Si potrebbe pensare a Gian Giacomo Caprotti, detto "Salaì". Il ragazzo andò a bottega da Leonardo che aveva 10 anni e all'epoca della realizzazione dell'Ultima cena ne aveva tra i 14 e i 17. L'artista nei suoi appunti ne parla continuamente, anche in termini negativi dicendo che è
«ladro, bugiardo, ostinato e ghiotto» e «ruba li soldi». Ma Leonardo lo tiene lo stesso con sè. Vasari scrive che l'artista «prese in Milano Salaì Milanese per suo creato, il quale era vaghissimo di grazia e di bellezza, avendo begli capegli, ricci et inanellati, de' quali Lionardo si dilettò molto; et a lui insegnò molte cose dell'arte, e certi lavori che in Milano si dicono essere di Salaì, furono ritocchi da Lionardo». E' possibile che il giovane che fece da modello al Giovanni dell'Ultima cena e al somigliantissimo Angelo musicante attribuito ad un allievo di Leonardo (secondo alcuni Ambrogio de Predis, secondo altri Giovanni Boltraffio o Francesco Napoletano), fosse proprio Salaì?

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L'angelo musicante vestito di verde si trovava, assieme ad un altro vestito di rosso, di fianco alla Vergine delle rocce nella cappella dell'Immacolata della chiesa di San Francesco Grande a Milano. Queste due opere di allievi sono datate dagli storici, che non escludono un contributo da parte dello stesso maestro, alla fine del ‘400, gli stessi anni del Cenacolo. Anche il viso del secondo angelo in effetti richiama un disegno di Leonardo che raffigura il profilo di un giovane biondo.

Giovani riccioluti ed efebici appaiono però anche in molte opere di altri allievi di Leonardo Il primo è un dipinto di Giovanni Agostino da Lodi (lombardo poi trasferitosi a Venezia), per molto tempo interpretato come una raffigurazione della vecchiaia contrapposta alla giovinezza, e chiaramente ispirato ai personaggi di Pietro e Giovanni del
Cenacolo leonardesco. Il recente restauro ha rivelato però una scritta, nella parte superiore del dipinto, che chiarisce il tipo di allegoria: «Il maestro non vietava minimamente che il giovane pittore lo superasse».



Nel secondo esempio, a destra, il sempre efebico Giovanni tra gli altri apostoli, in un particolare della Lavanda dei piedi dello stesso Giovanni Agostino da Lodi.

I due dipinti che seguono sono un
San Sebastiano di Ambrogio de Predis e un San Giovanni Evangelista del Giampietrino, entrambi allievi di Leonardo. Anche in questo caso la posa, la capigliatura e certi lineamenti sono simili, come se derivassero da uno stesso schizzo preparatorio eseguito dal vero.



I seguenti invece sono di un altro allievo di Leonardo, Giovanni Antonio Boltraffio (1466-1516) e vengono identificati come Ritratto di giovane come San Sebastiano e Ritratto idealizzato del poeta Girolamo Casio (il nome di Casio compare nel retro della tavola).



Attribuita allo stesso Boltraffio ecco, come sorpresa finale per chi ha avuto la pazienza di arrivare fin qui, una copia a pastelli e gessetti del Giovanni di Leonardo (di recente venduta da Christies) che ci rivela quale doveva essere l'aspetto originale del personaggio ritratto nell'Ultima cena:



Per concludere, un ricco repertorio di immagini di Giovanni nell'arte: http://home.arcor.de/berzelmayr/st-john.html
e il più spettacolare ingrandimento dell'Ultima cena di Leonardo, realizzato da Haltadefinizione Dimensione: 16.118.035.591 pixel (172181 x 93611) Profondità di colore: 16 bit per canale.
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Bibliografia:


Pietro C. Marani (a cura di),
Il Genio e le Passioni, Leonardo e il Cenacolo, precedenti, innovazioni, riflessi di un capolavoro, Skira, Milano, 2001.

Pietro C. Marani,
Leonardo, una carriera di pittore, Federico Motta Editore, Milano, 1999.

Pietro C. Marani,
Il Cenacolo, Guida al Refettorio, Electa, Milano, 1999.

Pinin Brambilla Barcilon, Pietro C. Marani, Leonardo, L’Ultima Cena, Electa, Milano, 1999.

Carlo Pedretti (a cura di),
Leonardo, il Cenacolo, Giunti, Firenze, 1999.

Federico Zeri (a cura di),
Leonardo, l’Ultima Cena, Rizzoli, Milano, 1998.

Carlo Pedretti (a cura di),
Leonardo: studi per il Cenacolo dalla Biblioteca reale nel Castello di Windsor, Electa, Milano, 1993.

Giuseppe Bossi,
Del Cenacolo di Leonardo, libri quattro, Milano, dalla Stamperia Reale, 1810